IL TEAM
MIA RÖSEMANN [NAMIBIA]
Mia // Co-founder & Field Guide
A volte per ritrovarti, devi tornare indietro.
L’andata
Nel 2019 ho lasciato la Namibia con una valigia, un indirizzo e nessuna certezza. Avevo diciott’anni, gli occhi pieni di curiosità e il cuore aperto all’imprevisto. L’Italia era il mio salto nel vuoto: affamata di movimento, attratta dalle luci della città, dalle voci nuove, dalle strade mai percorse.
Non sapevo che quella famiglia che mi avrebbe accolta a braccia aperte sarebbe diventata davvero la mia. Non solo per quel primo anno da ragazza alla pari, ma per sempre.
In Italia ho trovato lavoro, una routine, e lentamente anche un amore.
Ho conosciuto Emanuele seduti a tavola, mentre lui provava a spiegarsi con Google Translate e io cercavo di non ridere. Abbiamo iniziato così, goffamente. E non ci siamo più lasciati.
Abbiamo costruito insieme una piccola vita: un appartamento con cinque finestre, un gatto nudo che si chiama Cal, e sogni che lentamente iniziavano a prendere forma.
Lui lavorava nel mondo del branding e della comunicazione strategica; io insegnavo inglese ai bambini, cercando di renderlo un gioco, una scoperta. Era una vita piena, calda, vissuta con gratitudine.
Eppure, dentro, qualcosa rimaneva sospeso. Come se una parte di me aspettasse ancora di respirare a pieni polmoni.
Il ritorno
L’Italia ci ha dato tanto: panorami mozzafiato, storia, arte, sapori unici.
Ma ogni volta che tornavamo in Namibia, sentivamo qualcosa cambiare.
Io mi rilassavo. Lui si meravigliava. Noi due ci ritrovavamo.
Dormivamo in tenda sui tetti delle jeep, cucinavamo su fuochi aperti, scoprivamo angoli nascosti che anche io, nata lì, non avevo mai visto così. Spitzkoppe, la mia roccia dell’infanzia, lo lasciò senza parole. Etosha ci regalò un silenzio potente, profondo.
Sossusvlei ci fece sentire piccoli, nel modo più bello possibile.
Abbiamo deciso di sposarci lì, tra le sabbie rosse del Namib.
A piedi nudi, circondati dagli amici più veri. E poi, senza pensarci troppo, li abbiamo caricati in macchina e li abbiamo portati con noi. Senza itinerario preciso, senza l’ossessione del controllo. Solo strada, tende, risate e cielo.
Quel viaggio ha cambiato qualcosa.
In noi.
E anche in Nick, un amico di lunga data, che era con noi dall’inizio alla fine.
Red Land
Così è nato Red Land Tours.
Non come un’idea da tavolino, ma come una scelta inevitabile.
Non volevamo più tenerci tutto questo per noi.
Io mi sono licenziata dal mio lavoro da insegnante, ho deciso di ricominciare. Ho studiato per diventare guida professionale, nonostante fossi già nata lì. Perché il deserto non si finisce mai di imparare. Emanuele ha ridotto i suoi impegni in Italia per dedicarsi al progetto. E insieme stiamo impacchettando una vita e aprendone un’altra, questa volta a Windhoek, nel cuore di tutto.
Chi sono oggi
Oggi vivo in equilibrio tra due mondi.
Quello che mi ha cresciuta e quello che mi ha formato.
E proprio da questo ponte nasce la mia voce: quella che accoglie, accompagna, traduce, racconta.
Con Red Land, non vogliamo fare turismo.
Vogliamo far sentire.
Far vivere il silenzio del bush, la semplicità di un fuoco acceso, l’incredibile contrasto tra la durezza del deserto e la vita che riesce comunque a emergere—un fiore, una lucertola, un canto lontano.
La Namibia non è comoda. Non è patinata.
È ruvida, immensa, silenziosa.
Ma per chi la sente, davvero la sente… non c’è più ritorno.
Benvenuti a Red Land.
La nostra casa.
E, forse, anche un po’ la vostra.
EMANUELE BELLANDI [ITALIA]
Manu // Co-founder & Support Guide / WEB Identity / Marketing
Le cose che non programmi
A volte mi chiedo come succedano certe cose.
Non quelle che pianifichi al millimetro, con l’agenda davanti e i post-it pieni di buoni propositi.
Parlo di quelle che ti travolgono, che ti prendono per mano e ti portano da un’altra parte, senza chiederti il permesso.
Io e Mia ci siamo conosciuti così, per caso.
Era il 2019, lei in Italia come ragazza alla pari, veniva da Windhoek, dalla Namibia, con la voglia di fare un’esperienza lontana da casa.
Io facevo la mia solita vita di corsa, tra un progetto e l’altro, ma poi (cause I’m still in love with you on this harvest moon) ci siamo trovati. E da lì è cambiato tutto.
Dopo il Covid, il primo viaggio insieme in Namibia.
Per me, un battesimo di fuoco: 20 giorni di on the road, campeggio puro, fuochi accesi la sera, animali che incontri solo nei documentari, strade sterrate infinite, albe che sembrano dei dipinti.
Nessuna connessione internet, ma un sacco di connessioni vere.
E poi, ovviamente, il mal d’Africa. Quello vero.
La strada verso Red Land
Negli anni siamo tornati altre tre volte.
Ogni volta più consapevoli che non era solo una vacanza, era qualcosa che ci stava cambiando dentro.
Nel frattempo, io e Mia abbiamo deciso di sposarci.
Ci siamo sposati proprio lì, alle porte del deserto del Namib.
Pochi invitati, ma quelli giusti. Un matrimonio senza fronzoli, come piace a noi.
Dopo il matrimonio abbiamo portato i nostri amici italiani a scoprire il paese.
Facevamo da guide, senza nemmeno accorgercene.
Nonostante i mille casini da inesperti, ce l’abbiamo fatta. Ed è stato bellissimo.
Tornati in Italia, ci siamo detti:
“Perché non farlo diventare un progetto?”
Il team
Nel progetto con noi c’è anche Nicola (Nick), per gli amici.
Amico di lunga data, fondatore di Queio, viaggiatore curioso, uno con la testa giusta per questo tipo di avventure.
Anche lui era lì, con noi, al matrimonio. Anche lui ha capito subito che questa cosa non doveva rimanere un ricordo tra amici.
Così è nato RED LAND TOURS.
Un’idea semplice, quasi banale, se la dici così:
portare le persone a scoprire la Namibia come la viviamo noi.
Ma in realtà è un cambio di prospettiva totale.
Cambiare Vita
Abbiamo costruito tutto: l’itinerario, il logo, il sito, le grafiche, le foto.
Tutto in casa, tutto nostro.
Mia si è licenziata dal suo lavoro a tempo indeterminato per dedicarsi anima e corpo al progetto.
Io ho ristrutturato il mio modo di lavorare per fare spazio a questa scelta.
Perché non è solo turismo: è cambiare stile di vita.
Adesso siamo qui, pronti a trasferirci in pianta stabile da Brescia a Windhoek.
Non per moda, non per scappare da qualcosa, ma per vivere in maniera più vera, più nostra.
Perché Red Land
Perché ci chiamiamo RED LAND TOURS?
Perché la terra lì è rossa davvero. Ma anche perché quella terra ti cambia, ti tinge dentro.
Ti lascia addosso qualcosa che non va più via.
Vogliamo portare le persone a vivere tutto questo senza filtri.
A respirare, guidare per ore senza meta, accendere un fuoco, guardare le stelle, sentire la sabbia sotto i piedi e scoprire cosa significa davvero silenzio.
Non è turismo fighetto, non è beneficenza travestita da esperienza “alternativa”.
È semplicemente vivere le cose come si devono vivere.
Con rispetto, con curiosità, con apertura.
Note a margine (che mi piace ricordare)
- Red Land non è un pacchetto vacanze.
- Non è per tutti, ed è proprio questo il bello.
- È per chi ha bisogno di respirare davvero, non solo nel senso fisico.
- È per chi vuole uscire dalla ruota e provare a vedere cosa succede.
- È per chi è disposto a faticare un po’, a sporcarsi le mani, a sentirsi piccolo davanti alla natura.
- È per chi ha voglia di un’avventura, ma senza la recita del “viaggiatore alternativo”.
NICOLA RANUCCI [ITALIA]
NICK // Co-founder & Support Guide / Strategia.
Chi sono
Quando ho conosciuto Emanuele e Mia non ero ancora nessuno.
Avevo la testa piena di sogni, e le tasche vuote quanto bastava per sentirmi in debito col mondo.
Ma Ema è stato uno di quegli incontri che ti ricalibrano l’asse.
Mi ha insegnato a credere nei miei progetti, a spingere anche quando sembra tutto in salita, a fidarmi del processo.
Poi (com’è normale) la vita ha fatto il suo lavoro, e ci ha messi su strade diverse.
Fino a quel giorno, sei anni dopo, quando Emanuele si è presentato sulla soglia del mio negozio con un sorriso e un biglietto d’aereo:
“Nick, mi sposo. In Namibia.”
La mia risposta è uscita prima del pensiero:
“Ci sono.”
Nel giro di due mesi ero su un volo per Windhoek, con lo zaino in spalla e l’intuizione (ancora informe) che qualcosa di grosso stesse per succedere.
E infatti è successo.
Ho assistito a un matrimonio nel cuore del deserto, fra dune rosse e amici veri, ma soprattutto ho avuto l’occasione di vivere per 14 giorni una terra che non conosce mezze misure.
La Namibia è entrata in me in silenzio, senza chiedere permesso.
Con la forza di ciò che non ha bisogno di urlare per lasciare il segno.
Una terra dura, immensa, viva.
Un luogo sottovalutato: ti insegna a osservare prima di parlare, a fidarti dei tuoi passi, a lasciarti cambiare.
Quell’esperienza, condivisa con Emanuele e Mia, ha fatto scattare qualcosa.
Un’intuizione collettiva, istintiva ma inevitabile:
Red Land doveva nascere.
Il mio posto nel progetto
C’è chi guida.
Chi racconta.
Chi ispira.
E poi c’è chi struttura.
Il mio ruolo in Red Land è questo: mettere ordine all’intuizione, dare forma alla visione, e accompagnarla nel mondo reale.
Sono imprenditore e founder di Queio: Un laboratorio retail di stile, dove le calzature e gli accessori diventano espressione di studio e ricerca stilistica.
La mia bussola è sempre stata la stessa:
valore vero, autenticità, impatto.
Quando Mia e Emanuele mi hanno chiesto di salire a bordo, non si trattava solo di amicizia.
Era una scelta di senso.
Red Land è molto più di un’organizzazione turistica: è una dichiarazione d’intenti.
È un modo diverso di fare impresa, fondato sul rispetto per la terra, sull’ascolto delle persone e sulla capacità di creare connessioni profonde.
Un ponte emotivo e culturale tra l’Italia e la Namibia, costruito sulla fiducia reciproca, sull’incontro reale con l’altro, e su un’idea condivisa di bellezza.
Dal primo giorno ho lavorato per dare a Red Land una struttura solida e scalabile.
Ho costruito insieme a loro la strategia aziendale, il posizionamento, la sostenibilità operativa e lo sviluppo lungo periodo.
Oggi continuo a curare la direzione strategica del progetto, con un occhio attento alla qualità dell’esperienza e uno sguardo proiettato verso il futuro.
In poche parole?
Red Land è casa.
È il posto dove ritornare, anche quando non sei mai stato lì.
E io, in mezzo a questo realtà fatta di amicizia, visione e radici, ho trovato il mio ruolo:
essere il filo che tiene tutto insieme, senza mai tirare troppo.
Perché certe storie non si costruiscono con la forza.
Ma con cura, rispetto e il coraggio di credere ancora nei sogni.